Il video di Cantlie e la nuova strategia mediatica dell'IS

di Emanuele RiccardiANSA

La svolta dell’Isis. Dopo le decapitazioni e le tute arancioni di Guantanamo, ecco il portavoce rubato alle emittenti televisive occidentali, il giornalista britannico (ostaggio) John Cantlie.  Con il suo ultimo video, oltre otto minuti di propaganda diffusa sabato in serata, lo Stato Islamico cambia decisamente strategia scegliendo un proselitismo ‘buonista’, della serie “come si vive bene con noi a Mosul” dopo l’inferno di Saddam Hussein e “l’invasione americana”.

Quello di Mosul non è il primo filmato dell’Isis con Cantlie protagonista, ma è quello certamente più sofisticato, concepito come un servizio di un’emittente anglosassone e tecnicamente di ottimo livello, il che fa supporre che alcuni tecnici del Califfato, molto a loro agio anche con i sociali network, provengano da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada o Australia.

Il giornalista, questa volta senza barba, rasato con cura e con i tratti riposati, racconta la vita quotidiana nella seconda città dell’Iraq (sotto il controllo dello Stato islamico) con lunghi stand up davanti ad uno dei principali suk, vivacissimo, frequentatissimo con le luci al neon mai interrotti da blackout elettrici.

O anche in un ospedale (che sembra nuovissimo, ma potrebbe essere una scenografia alla Grey’s Anatomy), o a cavallo su una moto della polizia, manco fosse uno dei chippie che in coppia pattugliano le freeway californiane. Una vita quotidiana – almeno così vuole dimostrare il ‘reportage’ di Cantlie – mille volte meglio oggi rispetto agli anni di Saddam e dell’occupazione americana.

Lo stesso ex inviato del Sunday Times, del Sun e del Sunday Telegraph era intervenuto in un primo pseudo reportage dalla città siriana di Kobane, a ridosso della frontiera con la Turchia, alla fine di ottobre, con l’obiettivo di smentire le affermazioni britanniche e statunitensi secondo le quali la città assediata dall’Isis era sul punto di essere riconquistata dai curdi e dai peshmerga.

Prima del viaggio a Kobane, Cantlie era stato protagonista di una “miniserie” di otto episodi, “Lend Me Your Ears”, ‘statemi a sentire’, sempre opera dell’agenzia di propaganda dell’Isis, l’Al Hayat Media Center. Con l’obiettivo – sostiene il portavoce britannico dell’Isis – di ristabilire la verità, dando quella che definisce “l’altra versione dei fatti”.

Crescono intanto gli interrogativi sulla figura di Cantlie, dopo l’esordio in tuta arancione che non lasciava prefigurare nulla di buono. Sotto gli stessi colori, il suo collega James Foley, insieme al quale era stato rapito proprio dall’Isis nel novembre 2012, ha fatto una fine tragica: il giovane giornalista americano è stato decapitato a metà agosto dell’anno scorso.

Con il passare dei mesi, Cantlie cambia, e anche se lui stesso continua a definirsi ostaggio dell’Isis, sembra muoversi in libertà o almeno aderire in parte, se non totalmente, alla filosofia del Califfato.

C’è chi parla di conversione all’Islam, chi di sindrome di Stoccolma, chi ancora di opportunismo per tentare di salvarsi la vita. Fatto sta che l’Isis ha cambiato strategia. E uno come Cantlie gli fa più gioco da vivo che da morto, per fare proseliti tra gli occidentali, anche tra i non islamici.

Foto: video Stato Islamico

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