La Moldova come la Crimea?
Il nuovo anno si apre per la Romania con il recente insediamento del Presidente Klaus Iohannis, ex sindaco di Simiu di origini tedesche. Lo scorso 21 dicembre, Iohannis è succeduto all’ultimo mandato di Traian Băsescu annunciando dal principio una linea politica di discontinuità rispetto al passato, nonostante l’appartenenza di entrambi al centro-destra. Nello specifico, i punti programmatici innovativi hanno riguardato la lotta alla corruzione e nuovi investimenti per risollevare le sorti economiche del Paese. Tuttavia, Iohannis non ha mai menzionato l’unificazione di Romania e Moldova, fil rouge dell’intera carriera politica e delle ultime dichiarazioni di Băsescu.
Allo scadere del suo mandato Băsescu ha dichiarato che nel 2015 la Repubblica Moldova dovrà essere riconosciuta “terra rumena” sottolineando, come aveva più volte fatto nel decennio scorso, che si tratta di una priorità nazionale dopo l’ingresso nella NATO e nell’Unione Europea. Infine, con la promessa di richiedere la cittadinanza moldava al termine del suo mandato, l’ex Presidente ha suggellato il legame simbolico con la sua “seconda patria” lasciando un’eredità politica che potrebbe influenzare le future posizioni di Iohannis.
L’ideale unionista fu lanciato da Băsescu (foto a sinistra) per la prima volta nel 2006, quando si dichiarò a favore dell’ingresso della Moldavia nell’UE e propose di unificare “il popolo rumeno” dei due Stati. Le sue posizioni, chiaramente invise a Mosca per non aver menzionato l’eventuale esclusione della Transnistria, hanno innescato una serie di attriti con la Russia.
Lo stesso vice Primo Ministro russo, Dmitriy Rogozin, scrisse su Twitter che Băsescu mirava all’integrazione della Moldova nell’UE e, in un secondo momento, a un anschluss da parte della Romania.
Eppure, Mosca non è l’unica contraria al progetto unionista di Băsescu. Il Primo Ministro rumeno Victor Ponta ha accusato l’ex Presidente di causare inutili tensioni sociali e di non rappresentare le posizioni del governo.
Anche in Moldova i leader filo-europei non hanno appoggiato le dichiarazioni unioniste e in particolare, il Premier Iurie Leancă, si è detto proccupato che potessero destabilizzare il Paese.
In maniera del tutto inaspettata il liberal-democratico, Vlad Filat, ha criticato Băsescu di favorire i russi e i comunisti.
Alla luce delle numerose critiche, Băsescu ha dovuto ridimensionare le sue posizioni e, in un secondo momento, ha precisato che l’unione tra la Romania e la Moldova non potrà concretizzarsi nel prossimo futuro per via delle posizioni discordanti dei cittadini moldavi. In maniera analoga, è lo stesso Ponta, in corsa per la poltrona presidenziale contro Iohannis, ha inaspettatamente sventolato la bandiera unionista poco prima delle elezioni.
Nell’anniversario dell’Unione della Transilvania alla Romania, il Premier ha inneggiato a una “seconda grande unificazione” riferendosi alla Moldova. Sono poi bastate le proteste di Mosca per spingere Ponta a specificare si trattasse di un’integrazione nel quadro dell’UE.
Indipendentemente dal colore politico dei governi di Bucarest, i rapporti con la Repubblica Moldova sono per tradizione una priorità chiave per la sua politica estera. La Romania ha da sempre sostenuto la prospettiva europeista di Chişinău. Infatti, a causa dell’iter eccessivamente snello per concedere la cittadinanza ai moldavi, è stata accusata di far entrare i moldavi nell’UE “da un ingresso secondario”.
In questa prospettiva, la crisi in Ucraina e l’annessione della Crimea da parte della Russia si sono trasformate in un catalizzatore per il processo d’integrazione della Moldavia nell’Unione Europea. Bucarest è stata nuovamente tra le più energiche sostenitrici di questa corrente sottolineando che sia l’unica maniera per garantire la sicurezza della Moldavia.
E sembra che anche Bruxelles sia dello stesso parere. Il 27 giugno dello scorso anno, infatti, è stato firmato l’Accordo di associazione e libero scambio con Chişinău, alla quale era già stata concessa l’eliminazione dei visti per i cittadini moldavi.
Per La Romania ha intrapreso anche una serie di misure concrete per contribuire al sostegno materiale della Moldavia. Già dal 2010, infatti, Chisinau ha ricevuto la promessa di aiuti quantificabili per 100 milioni di euro che Bucarest concede finanziando i singoli progetti. Nel mese di agosto del 2014 è stato inoltre ufficialmente inaugurato il gasdotto Iaş-Ungheni, che connette la rete gasiera di entrambi gli Stati e ha lo scopo di ridurre la dipendenza moldava da Mosca, avvicinando Chisinau alla sfera di influenza rumena.
In questo senso, le elezioni legislative del 30 novembre sono state utili per determinare l’orientamento politico di Chişinău rispetto all’Occidente e alla Russia, e hanno svelato una profonda spaccatura del Paese. Se da un lato, infatti, i tre partiti filo-europei del Paese abbiano ottenuto 51 seggi su 101, dall’altro i socialisti di Igor Dodon, fermo oppositore dell’euro integrazione, si sono aggiudicati la vittoria con il 20,51% dei voti. Di fronte a questi risultati è tuttavia difficile stabilire se la Moldavia abbia scelto definitivamente l’Occidente.
Anche i partiti filo-russi hanno, infatti, guadagnato maggior sostegno il partito “Patria”, guidato dall’imprenditore Renat Usatȋi sia stato escluso dalla competizione per finanziamenti illegali dall’estero.
Il futuro nebuloso di Chişinău non fa altro che alimentare gli sforzi degli unionisti da entrambe le sponde del Prut, convinti che l’unione dei due Paesi sia l’unica possibilità per sottrarre la Moldova dall’influenza russa e per facilitare la sua integrazione nell’Europa unita. Questo contribuirebbe a correggere un’ingiustizia storica che, secondo il pensiero unionista, sarebbe stata causata dal Patto Ribbentrop-Molotov con cui la Bessarabia, abitata in prevalenza da rumeni, era passata all’URSS nel 1940.
Il braccio di ferro russo-rumeno per l’ex Repubblica sovietica continuerà ancora per molto soprattutto in presenza dei fattori di destabilizzazione permanente. La composizione etnica disomogenea (rumeni, ucraini, russi, gagausi, bulgari e altri), il conflitto latente in Transnistria e le continue richieste per una maggiore autonomia della Gagauzia (mappa a sinistra), rendono la Moldavia un obiettivo sensibile. L’unificazione con la Romania, secondo gli unionisti, le permetterebbe di entrare di diritto nell’UE e nella NATO e di difendersi, quindi, da un’eventuale aggressione della Russia.
Eppure, il tema dell’unificazione sembra godere di maggior popolarità in Romania anziché in Moldova, nonostante i benefici economici di una simile soluzione determinerebbero un maggior guadagno per i moldavi. Lo confermano anche i dati pubblicati nel 2014 dal quotidiano “Ziarul Financiar” che scrive “un’eventuale unione della Romania con la Moldova porterebbe alla Romania ancora 3,7 milioni di abitanti, un aumento del PIL di 5,5 miliardi di euro (4,2 % del PIL rumeno) e ancora 34 000 chilometri quadrati di superficie. Allo stesso tempo, il PIL pro capite della popolazione della “nuova” Romania diminuirebbe di 5700 euro, tenuto conto che il PIL pro caipte rumeno nel 2012 equivaleva a 6700 euro, mentre quello moldavo appena 1500 euro.”
Stando a questi numeri, le dichiarazioni di Băsescu potrebbero aver rappresentato semplicemente uno slogan elettorale per attirare il voto dei nazionalisti, piuttosto che un serio progetto politico. Se da un lato, infatti, manca un solido sostegno politico da Chişinău, dall’altra mancano da parte di Bruxelles e Washington i segnali positivi per un progetto simile, che potrebbe invece portare a un ulteriore deterioramento dei già difficili rapporti con Mosca.
Nelle poche settimane trascorse dal suo insediamento, Iohannis ha mantenuto una posizione neutrale senza far menzione dell’unione dei due Stati, ma si è impegnato a difendere l’integrità territoriale e gli interessi economici di Chişianău.
Questo appare curioso soprattutto alla luce della prima visita presidenziale all’estero che ha avuto come meta proprio la Moldova. L’atteggiamento ambivalente verso la Moldavia rivela, quindi, la volontà di Iohannis di lasciare una porta socchiusa sulla questione. E la conferma di un possibile cambiamento di posizione è stata preannunciata dalle dichiarazioni fatte in campagna elettorale, in cui Iohannis assicurava che la volontà dei cittadini moldavi di unirsi ai rumeni, non sarebbe mai stata ostacolata.
Foto: RFI, Elldor.info,
Anna MiykovaVedi tutti gli articoli
Nata a Kazanlak (Bulgaria), si è laureata con lode in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia. Ha frequentato il Master in Peacekeeping and Security Studies a Roma Tre e ha conseguito il titolo di Consigliere qualificato per il diritto internazionale umanitario. Ha fatto parte del direttivo del Club Atlantico Giovanile del Friuli VG e nel 2013 è stata in Libano come giornalista embedded. Si occupa di analisi geopolitica e strategica dei Paesi della regione del "Grande Mar Nero" e dell'Europa Orientale e ha trattato gli aspetti politico-giuridici delle minoranze etniche e dei partiti etnici.