Il "blocco" alle coste libiche ora piace anche all'ONU
L’ipotesi di imporre un blocco navale alle coste libiche per fermare i massicci flussi di immigrati clandestini è stato finora al centro del dibattito politico italiano contrapponendo Lega Nord e centro-destra (fautori) a forze di governo e sinistra (contrari) . Un dibattito un po’ sterile, giocato più sul piano ideologico e demagogico invece che sul piano pragmatico che imporrebbe di considerare inderogabile lo stop a un flusso migratorio che sarà in caso contrario senza fine e di dare la priorità agli interessi nazionali.
A spiazzare tutti ha provveduto l’inviato dell’ONU in Libia, Bernardino Leon, che con un’intervista al Corriere della Sera ha sostenuto che In Libia c’è una misura che l’Italia, con il sostegno dell’Unione Europea, potrebbe attuare subito: presidiare il mare davanti alla Libia, e l’Onu appoggerebbe questa iniziativa. Leon è favorevole a un blocco navale: “In questo momento è l’unica cosa che si possa fare concretamente: ce n’è bisogno”, anche se “da solo non risolve il problema”, e “non penso che ci sarebbe alcun problema a ottenere il sostegno da parte del Consiglio di sicurezza.
Nel Palazzo di vetro è diffusa la consapevolezza che l’Italia si trovi a fronteggiare un compito molto pesante”.
Circa la crisi libica Leon (nella foto a sinistra) sostiene che “senza un accordo preliminare tra le parti”, le due fazioni di Tripoli e Tobruk “è poco realistico pensare a un qualsiasi tipo di intervento militare esterno, compresa una missione di peacekeeping. Noi stiamo lavorando a un’altra ipotesi: organizzare missioni di polizia con alto contenuto di specializzazione da schierare in diverse aree molto pericolose”.
Certo occorre comprendere se si tratti di una boutade di Leon o di una concreta volontà della comunità internazionale di fermare un traffico di esseri umani ormai ingestibile, che provoca migliaia di vittime e ha raggiunto dimensioni bibliche con l’agenzia europea per le frontiere (Frontex) che riferisce di un milione di persone in Libia pronte a imbarcarsi per l’Italia.
Di certo l’Italia ha i mezzi militari per attuare anche da solo il blocco dei porti libici dell’area di Zawyah, Tripolitania Occidentale: il tratto di costa libica più vicina a Lampedusa da dove salpano la gran parte dei barconi. Come ANALISI DIFESA sostiene da tempo la Marina Militare è in grado di fermare i barconi, soccorrere eventuali bisognosi e riportare i migranti clandestini sulla costa libica.
La flotta, attualmente impegnata in quelle acque nell’esercitazione Mare Aperto potrebbe esprimere una deterrenza sufficiente a tenere lontani miliziani e terroristi ma non si dovrebbero escludere neppure operazioni offensive mirate a distruggere preventivamente i barconi o a colpire i trafficanti sempre più collusi, secondo i report dell’intelligence, con qaedisti e Stato Islamico.
Un’operazione necessaria per salvaguardare gli interessi nazionali e che scoraggerebbe i flussi migratori (nessuno paga migliaia di dollari per ritrovarsi in Africa) ponendo fine a una vicenda ridicola che ha visto l’Italia accogliere chiunque paghi il pizzo a criminali e terroristi islamici.
Foto. Marina Militare e TVE,
Vignetta di Alberto Scafella
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