Gli Usa (e l’Italia) pronti a combattere l’Isis in Libia?

L’apertura del fronte libico nella lotta all’Isis potrebbe essere questione di poche settimane. Alla Casa Bianca e al Pentagono si lavora senza sosta per mettere a punto un piano che darebbe il via a una vera e propria campagna militare insieme ai partner europei Italia, Francia e Regno Unito.

La notizia, che sembrerebbe confermare le indiscrezioni delle ultime settimane, arriva dal New York Times che rivela come forze militari e dell’intelligence Usa siano già sul posto per raccogliere tutte le informazioni necessarie per preparare l’offensiva contro lo Stato Islamico in Libia..

L’intervento militare sembra prevedere una prima fase di bombardamenti aerei e raid delle forze speciali americane e alleate per indebolire e smantellare le postazioni degli uomini dell’IS che hanno la loro roccaforte a Sirte ma anche di interrompere ogni canale di comunicazione tra i combattenti jihadisti in Libia e gli altri gruppi legati all’IS in Nord Africa, Sahel, Tunisia e Sinai.

Secondo il NYT le divisioni tra le fazioni libiche hanno indotto a pianificare interventi di truppe a terra, che in parte sarebbero già in Libia, con il compito di addestrare i gruppi alleati locali e supportarli in azioni mirate, come
avviene oggi in Iraq e Siria.

Le fonti del Nyt non nascondono i rischi di un nuovo intervento in Libia, dopo quello che portò alla destituzione del regime del colonnello Gheddafi e alla sua morte nel 2011. Il pericolo, infatti, è quello di una “significativa escalation” della guerra all’Isis. Guerra “che potrebbe facilmente allargarsi ad altri Paesi della regione”.

Almeno due valutazioni di carattere militare si impongono.
La prima è che un intervento militare contro l’Isis sarebbe stato rapido e risolutivo l’anno scorso, quando i jihadisti si insediarono prima a Derna e poi a Sirte ma statunitensi ed europei erano riluttanti e pretendevano che prima nascesse a Tripoli un governo di unità nazionale.

Ora che tale governo è nato ma rischia di morire subito o di restare confinato in Tunisia si prepara un intervento sulla falsariga di quello in atto da un anno e mezzo in Iraq e Siria, con pochi velivoli e consiglieri militari che addestrino non si sa bene quali milizie libiche.

Senza dimenticare che nell’attuale scenario un intervento armato internazionale poco energico e non risolutivo rischia di mobilitare nel jihad contro l’Occidente anche forze islamiste quali Salafiti e Fratelli Musulmani della Tripolitania oltre ai qaedisti di Ansar lo-Sharia che almeno i parte avrebbero già affiancato i miliziani dello Stato Islamico in Cirenaica.

Una guerra lunga e inconcludente è esattamente quello di cui non ha bisogno l’Italia, sempre esposta sul fronte energetico e dell’immigrazione clandestina.

@GianandreaGaian

(con fonte Ansa)

Foto: Stato Islamico, Ansa e AP

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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