Diga di Mosul: Trevi si aggiudica l’appalto
L’azienda cesenate Trevi si è aggiudicata l’appalto per la ristrutturazione della diga di Mosul, nel nord dell’Iraq e a poche decine di chilometri dall’area controllata dall’Isis. L’annuncio è arrivato oggi dal governo di Baghdad, con cui Roma e’ in contatto per definire l’invio di circa 450 militari italiani a protezione dei cantieri e della struttura controllata dalle forze curdo-irachene.
Il valore del contratto, che sarà firmato a breve, si aggira attorno ai 200 milioni di dollari. Gli Stati Uniti avevano ribadito nei giorni scorsi l’urgenza di avviare lavori di restauro per evitare una “catastrofe”, evocata dai rappresentanti di Washington e di Baghdad sin dal 2007.
“La diga di Mosul è una grande sfida”, ha detto oggi a Roma il segretario di Stato Usa John Kerry. “Abbiamo spinto per far progredire questo impegno”, ha aggiunto Kerry, assicurando che il presidente Barack Obama in persona ha seguito con attenzione gli sviluppi.
Il premier Matteo Renzi aveva annunciato a dicembre la disponibilità ad inviare 450 militari italiani per difendere la diga, con altri 750 che già partecipano all’operazione ‘Prima Parthica’ che prevede tra l’altro l’addestramento delle forze curdo-irachene.
Renzi da Dakar ha confermato l’impegno, annunciando che ne parlerà “nei prossimi giorni” con il primo ministro iracheno a Roma. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, da parte sua, ha riferito che i contatti con Baghdad e con la coalizione internazionale anti-Isis guidata dagli Usa “vanno avanti da settimane” per definire le modalità d’azione dei soldati italiani a difesa della diga, costruita negli anni ’80 sul fiume Tigri.
“La partecipazione dei nostri militari si definirà molto presto”, ha assicurato Gentiloni, che ha parlato di “contatti positivi” con il premier iracheno in questo senso.
I soldati, che potrebbero essere schierati a partire da maggio prossimo, dovranno difendere il cantiere e i circa 40 tecnici italiani che ci lavoreranno.
Il contingente dovrebbe essere costituito dai bersaglieri della Brigata Garibaldi, oltre a reparti di forze speciali, artificieri e altri assetti con copertura aerea della Coalizione anti-Isis.
Fonti diplomatiche e governative in Iraq affermano che il valore del progetto si aggira attorno ai 200 milioni di dollari. Secondo le fonti, Baghdad ha chiesto alla Banca Mondiale un prestito di questo valore finalizzato al progetto. Il progetto sarà diviso in due interventi da svolgere in contemporanea: il primo riguarda il rafforzamento delle fondamenta con iniezioni di cemento; il secondo la riparazione di una delle due saracinesche, cioè le aperture a monte che vengono azionate quando è necessario scaricare acqua per diminuire la pressione sulla diga.
Il contratto, che potrebbe essere definito e firmato “nei prossimi giorni” tra le autorità di Baghdad e la Trevi Spa di Cesena, sarà del tipo ‘cost plus’: la quantità dei finanziamenti sarà calibrata passo dopo passo secondo quelli che saranno i costi.
L’esecutivo di Baghdad è però riflesso di una realtà politica eterogenea, dove non mancano scontri e divergenze interne. A dicembre, il ministro delle Risorse idriche, Mohsin Shammari, aveva affermato che “l’Iraq non ha bisogno di alcuna forza straniera per proteggere il suo territorio, i suoi impianti e la gente che ci lavora”. E all’invio dei militari italiani si era opposto nettamente il leader radicale sciita Moqtada Sadr, già protagonista negli anni scorsi dell’insurrezione armata contro le truppe Usa e alleate.
“In termini di erosione interna delle fondamenta la diga di Mosul è la più pericolosa del mondo…se si dovesse verificare anche un piccolo problema un cedimento è probabile” denunciava nel 2007 un rapporto statunitense, che definiva il rischio eccezionalmente alto”.
Il pericolo era noto da tempo in quanto l’argine era stato costruito su un terreno gassoso e calcareo ma i fondi stanziati per rinforzarlo erano stati sprecati per incompetenza e possibili frodi, si leggeva nel documento.
La diga di Mosul, sul fiume Tigri, è la più grande in Iraq e la quarta di tutto il Medio Oriente con il suo sbarramento lungo 3,2 chilometri e alto 131 metri. La sua costruzione fu voluta da Saddam Hussein e venne completata nel 1984. Il sito è di importanza strategica non solo per il controllo delle risorse idriche ma anche perché in grado di trasformarsi in una specie di ‘bomba d’acqua, una vera e propria arma di distruzione di massa.
Se l’argine saltasse, infatti, la conseguente ondata devastatrice – dopo aver investito la vicina Mosul – sarebbe ancora in grado di arrivare fino a Baghdad, 350 chilometri a sudest. “Assumendo il peggior scenario, un crollo istantaneo della diga di Mosul potrebbe innescare onde alte 20 metri”, sottolineava il rapporto Usa.
La diga fu brevemente conquistata, nell’estate 2014, dai miliziani dell’Isis che tuttora controllano Mosul, che si trova ad appena 40 chilometri dall’infrastruttura e rimane la principale roccaforte del ‘califfato’ in Iraq. Appoggiati dai caccia americani, i peshmerga curdi riuscirono in pochi giorni a riconquistare il sito.
Considerata l’estrema pericolosità della zona, il governo italiano ha già fatto sapere che invierà un contingente di 450 soldati per proteggere i lavori del gruppo Trevi. L’intervento di messa in sicurezza verrà realizzato essenzialmente con iniezioni di malta speciale per andare a chiudere le fessurazioni originate dalla presenza di lingue di gesso nella morfologia del territorio. I tempi ancora non sono stati definiti ma indicativamente i lavori dovrebbero durare 18 mesi.
(con fonti ANSA e AGI)
foto: AP, BBC e Reuters
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