L’Italia sempre più esposta al terrorismo
“L’Italia appare sempre più ‘esposta’” al rischio di attacchi terroristici. A lanciare l’allarme è la ‘Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza’, consegnata ieri alle Camere.
Nella valutazione del comparto sicurezza si legge come il nostro paese sia “target potenzialmente privilegiato sotto un profilo politico e simbolico/religioso, anche in relazione alla congiuntura del Giubileo straordinario; terreno di coltura di nuove generazioni di aspiranti mujahidin, che vivono nel mito del ritorno al Califfato e che, aderendo alla campagna offensiva promossa da Daesh, potrebbero decidere di agire entro i nostri confini”. Secondo l’intelligence è da ritenersi “elevato il rischio di nuove azioni in territorio europeo, ad opera sia di emissari, inviati ad hoc, inclusi foreign fighter, sia di militanti eventualmente già presenti (e integrati/mimetizzati) in Europa, che abbiano ricevuto ispirazione e input da attori basati all’esterno dei Paesi di riferimento”.
Parigi, evidenzia la relazione, “ha verosimilmente inaugurato una strategia di attacco all’Occidente destinata a consolidarsi”. E’ dunque “da ritenere elevato il rischio di nuove azioni in territorio europeo” e potrebbero essere “attacchi eclatanti” sullo stile di quelli francesi.
Potenziali autori sia emissari dello Stato Islamico inviati ad hoc, inclusi foreign fighters addestrati in teatri di guerra, che militanti già presenti e integrati-mimetizzati in Europa. Un “ulteriore elemento di pericolo” arriva poi dal rischio emulazione degli attentati francesi, portati avanti contro ‘soft target’ per i quali “è impensabile poter assicurare la protezione fisica”.
La minaccia così delineata, ammettono i servizi, “che può concretizzarsi per mano di un novero diversificato di attori, rende il ‘rischio zero’ oggettivamente impossibile”.
Nella relazione dell’Intelligence, di oltre 130 pagine, si legge, inoltre, come vadano “valutati con estrema attenzione i crescenti segnali di consenso verso l’ideologia jihadista emersi nei circuiti radicali on-line, frequentati da soggetti residenti in Italia o italofoni”.
“Si tratta di individui anche molto giovani – continua il testo – , generalmente privi di uno specifico background, permeabili ad opinioni ‘di cordata’ o all’influenza di figure carismatiche e resi più recettivi al ‘credo’ jihadista da crisi identitarie, condizioni di emarginazione e visioni paranoiche delle regole sociali, talora frutto della frequentazione di ambienti della microdelinquenza, dello spaccio e delle carceri”. “La minaccia, che può concretizzarsi per mano di un novero diversificato di attori, rende il ‘rischio zero’ oggettivamente impossibile”, sottolineano i servizi di informazione e sicurezza.
La “Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza” pone l’attenzione sul rischio proselitismo nelle carceri. “I detenuti per reati comuni sembrerebbero i più vulnerabili a percorsi di radicalizzazione ideologico-religiosa e, qualora indottrinati, potrebbero, all’atto della scarcerazione, decidere di raggiungere i territori del Califfato o comunque nutrire sentimenti di rivalsa nei confronti del nostro Paese”.
Aumenta l’afflusso nei teatri di jihad di interi nuclei familiari e di giovani donne a cui sono assegnati spesso, ma non solo, compiti domestico-amministrativi.
“La presenza di donne nel terrorismo di matrice jihadista – chiarisce la Relazione – ha conosciuto una rapida espansione in concomitanza con l’affermarsi di Daesh, come dimostrato dal crescente numero di aspiranti mujahidat europee, per lo più giovani e di varia estrazione sociale, che tentano di raggiungere il teatro siro-iracheno”.
Il compito principale delle donne “è quello di essere mogli e madri dei mujahidin: per questo, “lo scopo del viaggio è solitamente il ricongiungimento con il proprio coniuge già sul fronte o l’unione con un militante conosciuto anche via internet nel jihad al nikah (“matrimonio per il jihad”), in adesione ai proclami di Daesh nei quali si esortano le musulmane a contribuire al popolamento del Califfato e ad “allevare” le nuove generazioni, nonché a sostenere il morale dei combattenti”.
Non mancano casi di estremiste impegnate in attività di proselitismo e reclutamento (soprattutto on-line, ove esisterebbero dei circuiti ad “esclusivo” ambito femminile), di supporto logistico (ad esempio, trasportando denaro) e di natura operativa.
Emblematica, tra l’altro, secondo la relazione dei Servizi, la creazione in Siria e Iraq di due brigate di Daesh composte da sole donne (tra le quali la “celebre” al Khansaa, attiva a Raqqa), entrambe con compiti prevalentemente di “polizia”, specie per la rigida verifica che la condotta della popolazione femminile sia in linea con i dettami sharaitici.
In questo quadro preoccupante, l’Italia non e’ risparmiata, anzi. Il Paese, si legge nel documento degli 007, “appare sempre più esposto” alla minaccia terroristica, anche se non sono emersi specifici riscontri su piani terroristici.
La propaganda jihadista ha spesso indicato l’Italia come nemico per i suoi rapporti con Usa e Israele e per il suo impegno contro il terrorismo. La maggiore esposizione al rischio emerge anche in relazione al Giubileo e alla possibile attivazione di nuove generazioni di aspiranti ‘mujahidin’ che aderiscono alla campagna promossa dall’Isis.
A non far dormire sonni tranquilli sono poi i foreign fighters, circa una novantina, ed in costante aumento. Particolarmente critico appare, secondo l’intelligence, “l’auto-reclutamento di elementi giovanissimi, al termine di processi di radicalizzazione spesso consumati in tempi molto rapidi e ad insaputa della stessa cerchia familiare”. Massima vigilanza, pertanto, é stata riservata al possibile rientro in Italia di soggetti che hanno combattuto nei teatri di guerra, nonché dei cosiddetti ‘pendolari’ in grado di muoversi liberamente nello spazio Schengen perché già residenti sul territorio italiano o i altri Paesi europei.
Problemi alla sicurezza arrivano inoltre dal massiccio flusso di migranti che preme sull’Italia. Non ci sono riscontri di infiltrazioni terroristiche tra gli arrivi dal Nordafrica, mentre il rischio “si presenta più concreto” lungo la rotta balcanica.
Questo perché la regione è zona di transito privilegiato di foreign fighters (oltre 900 sono partiti da li’ per i teatri di guerra), nonché area di “realtà oltranziste consolidate”. Che potrebbero diventare “basi logistiche in grado di supportare pianificazioni terroristiche contro Paesi europei, incluso il pianificazioni terroristiche contro Paesi europei, incluso il nostro”. Le investigazioni fanno poi emergere l’attività di gruppi criminali brindisini nel trasferimento di migranti dalle coste della penisola balcanica meridionale verso l’Italia.
Ma il terrorismo preoccupa anche per la sua dimensione economica. Lo segnala la relazione ed oggi lo ha detto anche il ministro dell’Economia,Pier Carlo Padoan. “Siamo di fronte – ha spiegato il ministro – ad una proliferazione della rete internazionale di finanziamento del terrorismo che sta inquinando i sistemi finanziari e i mercati e di conseguenza richiede particolare attenzione”. Il petrolio, ha aggiunto, “è una fonte rilevante di finanziamento per l’Isis, stimata in almeno 100 milioni di dollari annui”.
Infine, i servizi hanno segnalato le criticità del sistema bancario: la forte incidenza degli accantonamenti, derivanti dall’esigenza di coprire perdite potenziali per crediti deteriorati; l’ingresso nell’azionariato di soggetti stranieri animati da intenti speculativi ed il contagio, per le banche con un profilo internazionale, derivante da situazioni di instabilità in altri Paesi. La relazione evidenzia inoltre problemi, soprattuttonegli istituti medi e piccoli.
Con fonti ANSA e Adnkronos
Foto: Esercito Italiano, Difesa.it, AP, EMA, Ansa, Reuters, Getty Images
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