Una forza d’intervento rapido africana
L’Unione Africana ha stabilito il 27 maggio la creazione di una forza militare d’emergenza, composta interamente da truppe africane, in grado d’intervenire in caso di crisi o di conflitto nel continente. Lo ha annunciato Nkosazana Dlamini-Zuma, presidente dell’Unione Africana. I dettagli della forza verranno definiti in negoziati fra i paesi membri dell’organismo pan africano che ha appena festeggiato il cinquantenario della sua nascita. Il corpo di reazione rapido africano sarà composto, secondo una proposta iniziale, da 32.500 forze militari e civili provenienti da cinque regioni del Continente. L’obiettivo sarà di far fronte a situazioni di emergenza nei paesi africani: crisi, conflitti e violazioni dei diritti umani. Tra i primi paesi a mettere a disposizione le proprie truppe sono stati il Sudafrica, l’Uganda e l’Etiopia. I fondi giungeranno dai singoli stati su base volontaria. L’Ua era stata fortemente criticata per non aver avuto una pronta risposta nel conflitto del Mali, in particolare in occasione del colpo di stato del marzo 2012. Più apprezzato invece l’intervento in Somalia dove l’Unione ha sul terreno 17.700 truppe per combattere i ribelli islamici Shebab. In entrambi i casi però i costi delle missioni vengono sostenuti da fondi internazionali, più spesso Occidentali e Onu. Le difficoltà finanziarie nelle quali versano molti Paesi africani incluse le “potenze regionali” come il Sudafrica (che ha messo a terra oltre la metà dei suoi 26 cacciabombardieri Gripen perché non ha fondi nè per la manutenzione né per far volare i piloti dei quali solo 6 hanno raggiunto lo standard di almeno 150 ore di volo annue) non inducono all’ottimismo circa le capacità operative che potrà esprimere il nuovo corpo africano. Una valutazione rafforzata anche dall’assenza di velivoli per il trasporto strategico nel continente africano.
Con fonte Adnkronos
Foto truppe africane in Mali (EMA)
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