IL RICATTO DEI SAUDITI ALL’ONU

da Il Foglio dell’11 giugno 2016

A impressionare anche gli osservatori smaliziati è stato, per una volta, il candore dell’ammissione di Ban Kimoon, segretario generale delle Nazioni Unite, dettato dal fatto che Ban è ormaivicino alla fine del mandato e può permettersi qualche deviazione dal protocollo. Al discorso di Ban è mancata solo la parola “ricatto”, anche se di questo, effettivamente, si è trattato. Giovedì il segretario generale ha annunciato di essere stato costretto a togliere l’Arabia Saudita e altri paesi che compongono la coalizionea guida araba che combatte in Yemen da una lista che elenca gli stati che violano i diritti dei bambini nei conflitti armati.

L’Onu aveva aggiunto alla lista l’Arabia Saudita lo scorso 2 giugno, dopol’uscita di un report che indicava la coalizione come responsabile della morte del 60 per cento dei 1.953 bambini uccisi nel conflitto.

La guerra in Yemen è iniziata nel marzo 2015 e vede la coalizionea guida saudita contrapposta ai ribelli sciiti Houthi, sostenuti dall’Iran.

Sono bastati pochi giorni, però, perché l’Arabia e altri paesi alleati iniziassero a esercitare sulle Nazioni Unite una pressione tanto insostenibile da arrivare al ricatto: se non ci togliete dalla lista di assassini di bambini tagliamo i fondi all’Onu.

Il segretario generale, ha detto giovedì in conferenza stampa, si è trovato così di fronte a una scelta impossibile: tenere fede alla coerenza morale delle decisioni prese dall’ente da lui guidato o veder sprofondare alcuni importanti programmi umanitari in Siria, Sudan del sud, Palestina: i fondi all’Onu di Riad e dei paesi del Golfo sono ingenti.

E così, con vibrante ma, al solito, debole protesta (“è inaccettabile”), Ban ha dovuto capitolare e ha tolto la coalizione araba dalla lista incriminata.

L’accaduto è una metaforaquasi perfetta del crollo, in corso ormai da tempo, dell’autorità morale dell’Onu. Nata, tra le altre cose, per difendere i dirittiumani, l’Onu è oggi in balìa di stati che i diritti umani li calpestano.

Undici persone finora si sono candidate a succedere a Ban l’anno prossimo. Dovrebbero presiedere l’organizzazione di maggiorprestigio al mondo, rischiano di essere, come il coreano è stato più di una volta, i sottoscrittori di malavoglia dei desiderata di potenze non democratiche.

Foto UN e Whatsupic

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