DOPO CLANDESTINI E TERRORISTI ORA DALLA LIBIA ARRIVANO ANCHE I PIRATI
Trafficanti, immigrati illegali, terroristi e ora i pirati: la miope politica di sicurezza attuata da Italia e Ue sta favorendo il rapido deteriorarsi delle condizioni di sicurezza nel Mar Mediterraneo.
La nave di soccorso Bourbon Argos, gestita dell’organizzazione Medici senza frontiere (Msf) e impiegata per raccogliere immigrati clandestini e sbarcarli in Italia, è stata attaccata da un gruppo di uomini armati a largo delle coste libiche.
Lo ha riferito un comunicato di Msf il 25 agosto che ha precisato però che l’attacco si è verificato una settimana prima, il 17 agosto.
Bourbon Argos, rimorchiatore d’altura e nave trasporto rifornimenti da 2.343 tonnellate e lunga 69 metri, batte bandiera del Lussemburgo ed è una delle tre navi di MSF impegnate nelle acque del Mediterraneo per soccorrere e trasferire in Italia gli immigrati clandestini salpati dalle coste libiche sui gommoni dei trafficanti.
Alcuni uomini armati a bordo di barchini si sono avvicinati alla Bourbon Argos e hanno iniziato a sparare da una distanza di circa 400 metri. Successivamente sono saliti a bordo dove il personale di MSF e gli uomini dell’equipaggio si sono chiusi nell’area protetta e blindata dell’imbarcazione (la cosiddetta “cittadella”).
Ne’ i membri dell’equipaggio ne’ quelli dello staff di Msf sono stati feriti. “Anche se non conosciamo l’identità degli aggressori o la loro motivazione, da una nostra prima ricostruzione dei fatti riteniamo che fossero dei professionisti e ben addestrati”, sottolinea Stefano Argenziano, coordinatore delle operazioni di Msf.
“Si tratta di un attacco serio e preoccupante, perché gli spari verso la nave avrebbero potuto mettere in serio pericolo il nostro staff”.
Secondo Argenziano, che si trovava sulla Bourbon Argos, i colpi sparati “non erano d’avvertimento” ma erano diretti a colpire le persone a bordo: una volta tornati sul ponte “abbiamo contato almeno 13 buchi di colpi sparati verso la plancia”.
Il motoscafo era stato avvistato in mattinata, intorno alle 9,15. In assenza di una chiara identificazione, di comunicazioni e di una qualsiasi risposta radio dal motoscafo che si stava avvicinando, il team Msf ha preso la misura precauzionale di spostarsi nell’area sicura all’interno della nave.
Uomini armati sono saliti a bordo della Bourbon Argos e hanno cominciato a perlustrarla, lasciandola circa 50 minuti dopo, senza rubare o portar via nulla e senza lasciare alcun elemento utile per identificarli e dopo aver tentato inutilmente di scovare l’equipaggio, probabilmente per prendere degli ostaggi.
Il danno alla nave è stato minimo, solo qualche segno dei diversi proiettili sparati. Grazie alle procedure di sicurezza messe in atto, tutti i membri del team sono stati al sicuro, rimanendo per tutto il tempo nell’area protetta.
Dopo l’incidente, la Bourbon Argos ha raggiunto la Sicilia, dove rimarrà per le indagini sull’accaduto.
L’attacco sarebbe avvenuto a circa 24 miglia nautiche a nord delle coste libiche, si legge nel comunicato di MSF, quindi in acque internazionali dove dovrebbe essere attiva la protezione delle rotte garantita dall’Operazione militare italiana “Mare Sicuro” e dove dovrebbero operare anche le navi della flotta europea “Eunvfor Med/Operazione Sophia” che avrebbe (sulla carta) persino il compito di contrastare i trafficanti di esseri umani e di “interromperne il modello di business”.
Molti gli aspetti da chiarire sull’arrembaggio alla Bourbon Argos. Perché la notizia dell’attacco è stata resa nota da MSF solo una settimana dopo?
La nave minacciata e poi attaccata ha lanciato SOS? E nel caso chi ha risposto? Quali unità militari sono state inviate sul posto? Qualcuno ha inseguito con navi, aerei o elicotteri i pirati? In quale porto hanno trovato rifugio?
Perché Marina, Guardia Costiera e in generale le autorità italiane non hanno comunicato l’avvenuto abbordaggio né fornito dettagli in proposito?
Troppi gli interrogativi senza risposta. In fondo non si tratta certo di un episodio di poco conto, anzi, siamo di fronte al primo grave caso di pirateria che si registri nel Mediterraneo dai tempi dei pirati albanesi della “tortuga” di Saranda che nel 1997, quando l’Albania era in preda al caos, attaccavano gli yacht al largo di Corfù per derubarne i passeggeri.
Del resto non si tratta certo del primo caso di attacco a imbarcazioni impegnate a raccogliere clandestini.
Nel febbraio 2015 trafficanti libici a bordo di un motoscafo aprirono il fuoco con i kalashnikov contro una motovedetta della Guardia Costiera italiana impegnata a imbarcare immigrati illegali.
Nessun militare italiano rispose al fuoco ma gli aggressori non salirono a bordo poiché il loro obiettivo, manifesto e pienamente conseguito, era solo quello di recuperare il barcone vuoto che i marinai italiani avrebbero affondato o rimorchiato in Italia.
Nell’aprile dello stesso anno un’unità della Guardia Costiera libica si avvicinò a una motovedetta italiana aprendo il fuoco per poi impossessarsi del barcone e riportarlo verso la Libia.
Un mezzo della Marina Militare avrebbe inseguito la motovedetta raggiungendola però solo quando era già entrata nelle acque libiche dove la nostra flotta non è autorizzata a intervenire.
Qualcuno disse che la nave militare libica era caduta nelle mani dei trafficanti, la Guardia Costiera italiana smentì la sparatoria confermata invece da Frontex ma la spiegazione più probabile è che la Guardia Costiera di Tripoli collabori attivamente coi trafficanti.
Le forze navali libiche sembrano del resto coinvolte anche nel caso dell’abbordaggio alla Bourbon Argos. Il portavoce della Marina ha infatti reso noto di aver avuto un confronto con la nave di Msf smentendo però di aver sparato contro la plancia della nave.
Secondo il generale di brigata Ayoub Qassim (nella foto a sinistra) , citato dal britannico Guardian, “un battello della guardia costiera era a circa 25 miglia quando ha individuato una nave non identificata cui è stato ordinato di fermarsi.
Il vascello però non ha obbedito all’ordine” ha spiegato Qassim aggiungendo che sono stati “sparati colpi d’avvertimento ma non abbiamo né colpito né arrembato la nave.
Il pattugliatore è poi tornato verso la costa e abbiamo informato l’Operazione Sophia dell’Ue dell’incidente e abbiamo aperto un’inchiesta”. Le dichiarazioni di Qassim sono evidentemente inattendibili e confermano la totale inaffidabilità delle autorità libiche sulle quali ci ostiniamo a voler riporre fiducia.
Perché la motovedetta libica avrebbe aperto il fuoco contro la nave di Msf arrivando a una distanza ravvicinata senza poi completare l’inseguimento fermandola e abbordandola?
Sono questi i militari di Marina e Guardia Costiera Libica che l’operazione navale europea si appresta ad addestrare in base a un memorandum firmato la settimana scorsa a Roma (nella foto a sinistra) ?
Sono queste le forze libiche che dovrebbero contrastare le bande di trafficanti di cui sembrano invece essere complici se non addirittura membri a tutti gli effetti?
Tra l’altro negli ultimi giorni Qassim si è dimostrato in più occasioni ostile nei confronti dell’Italia e della Ue. In un’intervista del 24 agosto al Libya Obesrver il portavoce ha accusato Roma “di volere più tempo per rubare le risorse libiche e contrabbandare il suo petrolio”, sostenendo che il reale obiettivo delle navi sotto egida Ue non è quello di salvare i migranti e di arrestare i trafficanti ma di “approfittare del vuoto di potere nel Nord Africa e creare una forza militare permanente nel Mediterraneo”.
Qassim ha poi negato che le forze navali libiche abbiano bisogno dell’addestramento impartito dalla flotta europea sostenendo che hanno solo bisogno di più navi. Considerato come impiegano quelle che hanno già in servizio….
Poiché nessuno a Tripoli ha provveduto a rimuoverlo dall’incarico dobbiamo dedurre che Qassim rappresenti l’opinione del traballante governo di Tripoli o semplicemente che la Libia, o almeno la Tripolitania, continui a essere dominata dall’anarchia.
In entrambi i casi è chiaro che le pseudo soluzioni messe in atto negli ultimi anni dalla diplomazia di Onu, Italia e Ue appaiono drammaticamente inadeguate e non certo da oggi.
L’abbordaggio al Bourbon Argos è quindi una notizia molto grave per molte ragioni.
Innanzitutto conferma che nel Mediterraneo centrale i trafficanti di esseri umani, arricchitisi (5-6 miliardi incassati solo l’anno scorso secondo l’Europol) grazie alle demenziali operazioni militari e civili che trasferiscono in Italia chiunque paghi i criminali, stanno compiendo un salto di qualità puntando anche ad azioni di pirateria che potenzialmente possono minacciare il traffico mercantile e le piattaforme off-shore.
L’arrembaggio alla nave di MSF, rimasta per quasi un’ora nelle mai dei criminali, dimostra inoltre che la copertura offerta da ben quattro flotte (quella della Guardia Costiera italiana, “Mare Sicuro” della Marina Italiana, “Triton” dell’agenzia europea delle frontiere Frontex e “Eunavfor Med/Operazione Sophia” della Ue), non è in grado di garantire la sicurezza della navigazione nel Canale di Sicilia e al largo delle coste libiche.
Non è una bella notizia che a due passi dalle coste italiane pirati (con o senza l’uniforme della Marina Libica) a bordo di un motoscafo possano inseguire per ore una nave mercantile, attaccarla, abbordarla restandovi a bordo per quasi un’ora, ritirandosi poi indisturbati. Come è stato possibile?
Forse perché due dozzine di navi da guerra vengono impiegate come traghetti e taxi per immigrati clandestini che a nessun titolo dovrebbero essere accolti in Italia e in Europa invece di proteggere anche con le armi l’Europa da criminali e traffici illeciti?
Se le fregate lanciamissili da 80 mila euro al giorno di costo d’esercizio servono a favorire il business di criminali legati ai terroristi islamici e le portaerei (che costano il doppio o più) vengono utilizzate per gli “eventi autopromozionali” di alcuni leader europei, chi protegge il mare dai pirati libici che sono probabilmente gli stessi trafficanti e i militari di Tripoli che addestriamo?
Il vero problema, che spiegherebbe anche il basso profilo assunto dalla politica sulla vicenda del Bourbon Argos, è che stiamo perdendo il controllo dello specchio di mare di fronte alle coste meridionali italiane così come l’ormai incontrollata presenza di clandestini sta comportando la perdita del controllo del territorio in molte zone d’Italia.
Anche senza voler valutare quanti jihadisti e terroristi siano entrati grazie alle “operazioni umanitarie” dal 2013 a oggi, è noto che moltissimi minori sono fuggiti o sono stati sottratti dai centri d’accoglienza per alimentare traffici di ogni tipo. Ragazze nigeriane sbarcate il mese scorso sono già al lavoro sui marciapiedi delle città italiane e un numero elevatissimo di malati di turbercolosi e altre malattie infettive sono fuggiti dagli ospedali e vagano liberamente per la Penisola.
Ci siamo giocati il controllo del territorio italiano non perché sovrastati da eventi più grandi delle nostre possibilità ma per una precisa scelta politica, la stessa sciagurata e irresponsabile politica che ci ha portato a perdere il controllo del “Mare Nostrum”.
A differenza dell’Oceano Indiano, spazio immenso dove per combattere la pirateria somala occorrevano molte navi militari e soprattutto guardie armate sui mercantili in transito, la pirateria libica che va configurandosi con l’attacco alla nave di MSF non è il frutto delle capacità delle organizzazioni criminali ma piuttosto il risultato dell’incapacità della classe dirigente europea e italiana di perseguire gli interessi nazionali, invece di privilegiare quelli degli amici della politica a cui è assegnato gran parte del business dell’accoglienza dei clandestini.
Nonostante le potenti e costose unità schierate sul mare, Italia ed Europa non esprimono infatti alcuna deterrenza, non hanno mai colpito un solo trafficante né respinto in Libia un solo barcone di clandestini, né affondato una sola motovedetta libica che sparasse a navi o pescherecci italiani: persino la gran parte degli scafisti arrestati è stata quasi subito scarcerata in attesa di giudizio potendo così far perdere le proprie tracce.
Come i terroristi, anche i trafficanti, i pirati e i loro complici delle forze navali libiche non ci temono, anzi, ci considerano utili idioti, un po’ conigli.
Quando prese il via Eunavfor Med alcuni trafficanti dissero sprezzanti ai media che l’Europa e l’Italia non avrebbero mai avuto il coraggio di usare la forza per fermare i loro traffici. Avevano ragione. Per questo la loro minaccia diverrà sempre più consistente.
Foto: AFP, MSF, Il Lametino, EPA, Ansa, Libya Observer, Eunavfor Med e Marina Militare
Vignetta di Alberto Scafella
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.