Col Moschin: 60 anni ma non li dimostra

Le Forze Speciali dell’Esercito, costituite oggi dal 9° Reggimento d’Assalto Col Moschin, compiono sessant’anni. Era infatti la primavera del 1953 quando venne costituita nell’ambito del Centro Militare di Paracadutismo la Compagnia Sabotatori Paracadutisti, inizialmente su tre plotoni di cui uno di Carabinieri, e successivamente elevata al rango di Reparto ed infine di Battaglione. .
La ricorrenza ha indotto l’ANIE, l’associazione degli incursori dell’esercito in congedo, e il suo presidente colonnello Angelo Passafiume, ad organizzare a Livorno  un riuscitissimo convegno sul tema “Le Forze Speciali tra passato e futuro”. L’incontro, moderato dai giornalisti Toni Capuozzo e Gianandrea Gaiani, ha visto la partecipazione, tra gli altri, dell’onorevole Massimo Artini, vice presidente della IV Commissione (Difesa) della Camera dei Deputati. L’esponente politico ha espresso in quella sede il più vivo interesse nei confronti dei temi trattati, dichiarandosi sinceramente desideroso di approfondire la conoscenza degli argomenti sui quali è chiamato quotidianamente a deliberare in sede politica.

Tra i relatori è risultato molto interessante e ricco di aneddoti inediti  l’intervento del generale Franco Angioni, memoria storica del reparto, che ne ha ricordato i difficili esordi, quando si operava in maniera semi ufficiale perché del tutto privi di direttive, neanche generiche, sulle modalità di impiego, gli obiettivi da raggiungere e  le finalità da perseguire. Per diversi anni i sabotatori, pur impiegati in molte esercitazioni  nel ruolo di aggressori per saggiare le capacità di difesa delle unità convenzionali, dovettero improvvisare praticamente dal nulla ogni procedura, tecnica e tattica, individuando nel sabotaggio alle spalle del nemico o in territorio nazionale occupato la loro principale missione. A tal fine l’aliquota operativa venne suddivisa in tre gruppi, industriale, acque interne e montagna,  orientati verso differenti tipologie di obiettivi.

ass_9_araldLo scenario era destinato a cambiare nei primi anni sessanta con la costituzione del Comando Designato della Terza Armata di Padova. Dalla pianificazione operativa di questo alto comando scaturì la formale richiesta che un’aliquota del battaglione potesse operare nella prevista zona di operazioni, la frontiera orientale, per missioni di sabotaggio e distruzione di ponti ed infrastrutture viarie al confine con la Jugoslavia, al fine di rallentare un’eventuale invasione o di impedirne l’alimentazione logistica.

In tale contesto otto coppie di sabotatori si addestrarono per un mese, partendo ogni notte da Venezia per arrivare a bordo di motosiluranti in prossimità delle coste jugoslave per simulare poi un’infiltrazione subacquea. Da qui facevano rapidamente ritorno alla base di partenza allo spuntare dell’alba.

Ha preso quindi la parola il generale Marco Bertolini, alla testa del Comando Operativo di vertice Interforze, che ha ricordato l’imprescindibile necessità  delle forze armate moderne di essere considerate, valutate, approntate ed impiegate in maniera sinergica ed in ottica spiccatamente interforze. Tale moderna peculiarità diventa ancor più essenziale nel ristretto e specifico ambito delle operazioni speciali. In quest’ottica ha visto la luce nel 2004 per volontà del ministro di allora, on. Martino, e del Capo di stato Maggiore Ammiraglio di Paola,  il COFS, il comando operativo interforze delle Forze Speciali. L’alto ufficiale ha poi sottolineato la necessità di dare risposte sistemiche alle crisi incombenti, la cui soluzione non può risiedere nel solo uso della forza né nell’impiego selettivo di unità speciali, ma richiede un approccio globale del sistema Paese e di tutte le sue potenzialità:  diplomatiche, economiche, industriali e militari. Il generale  ha infine ricordato alla platea, nello stile asciutto e privo di ipocrisie che lo contraddistingue, la necessità di perseguire un principio  immutabile ed ineludibile,  la  tutela dell’interesse nazionale, tante volte dimenticato o disatteso in un Paese distratto e diviso, non avvezzo a trattare temi scomodi.

untitled2È stata quindi la volta del generale Nicola Zanelli (nella foto sopra), primo comandante incaricato del nuovo Comando Forze Speciali dell’Esercito, che ha illustrato l’evoluzione in atto nello specifico comparto. Il COM.FO.S.E., collocato alle dirette dipendenze del Capo di SME, si costituisce il 1° settembre 2013 quale Unità di Incursori Paracadutisti di Forze Speciali e per Operazioni Speciali con il compito di razionalizzare la struttura di comando e controllo delle FS/FOS, attualmente dipendenti da comandi diversi, aumentare la loro interoperabilità, conferire unitarietà alla gestione delle risorse e favorire un potenziamento reciproco e sinergico nei settori delle operazioni speciali e delle comunicazioni operative. Come noto oltre al 9° Reggimento Col Moschin confluiranno nel nuovo comando, a partire dai primi mesi del prossimo anno, il 185° Reggimento Ricognizione Acquisizione Obiettivi, il 4° Reggimento Alpini Paracadutisti, il 28° Reggimento Comunicazioni Operative Pavia ed il 26 Reparto Elicotteri Operazioni Speciali, destinato a breve ad essere elevato al rango reggimentale. Questa compagine potrà, se verranno reperite le risorse, essere successivamente potenziata per includere, forse a partire dal 2015, due ulteriori pedine di livello battaglione, una incaricata delle funzioni di Comando, Controllo, Comunicazioni, Computer ed Informazioni – C4I – ed una destinata a fornire appoggio logistico nelle operazioni.

Il Generale Zanelli ha sottolineato nel proprio intervento come sia cambiato nel mondo militare ed in particolare in quello delle Operazioni Speciali, l’approccio al problema del ricorso alla forza: che raramente, se non mai, potrà da solo sortire risultati strategici, se non sorretto da un sistema paese efficace ed efficiente della sua interezza. D’altro canto nei sessant’anni dalla costituzione dei primi reparti speciali italiani il mondo è cambiato totalmente: i 2,5 miliardi di individui che lo popolavano sono divenuti 8,3, di questi il 60% vive in aree urbanizzate in località che nel 75% dei casi distano meno di 100 km dal mare. Questo scenario profondamente mutato ha dato vita, accanto a quelle tradizionali imputabili ad entità statali, a nuove forme di minaccia di tipo ibrido, legate e forme non convenzionali di lotta, ad attività di terrorismo di molteplice matrice, a rischi di attacchi cibernetici di devastante efficacia.
In questo ambiente operativo complesso il COMFOSE si pone come Force Provider (Land) che si interfaccia con il comando operativo incaricato dell’impiego (il COFS) fornendogli quando richiesto pacchetti di forze strutturati per la specifica missione.

L’ultimo relatore a prendere la parola è stato il colonnello Roberto Vannacci, attuale comandante del 9° Reggimento Col Moschin, che ha illustrato quelle che dovranno essere, sulla base dell’esperienza di oggi, le Forze Speciali di domani: un elemento importante di una sorta di rete globale delle operazioni speciali, che colleghi, potenziandone l’azione in maniera sinergica, l’elemento militare e  l’intelligence in tutte le sue forme  con gli attori economici e la sfera industriale: ritorna anche nelle parole del comandante delle FS dell’esercito la necessità di un approccio multidisciplinare alle crisi in atto, unico strumento per conseguire risultati strategici.
Il colonnello Vannacci ha poi sottolineato l’importanza di essere parte integrante di una “rete”:
–    la rete operativa che collega l’elemento nazionale (COFS) con quello internazionale del Nato SOF HQ di Bruxelles.
–    la rete addestrativa, che fa già oggi dell’Italia il terzo contributore, dopo USA e Regno Unito, del Nato SOF HQ, sia come fruitore di corsi che come fornitore di istruttori ed esperienze, mentre del Col Moschin sono tutti gli istruttori che il nostro Paese assegna all’International Special Training Centre di Pfullendorf.
–    La rete umana delle conoscenze personali dirette, acquisite in mille occasioni “sul campo” e che si dimostrano preziose nei momenti di crisi. Esplicativa in tal senso la stretta collaborazione che il “nono” intrattiene con il Ministero degli Esteri, per conto del quale gli Incursori curano la preparazione del personale diplomatico inviato in sedi “difficili” e ad alto rischio. Il vero ritorno strategico di questa attività consiste nella conoscenza reciproca che si viene a creare tra attori che si potranno trovare ad operare a stretto contatto. Militari e diplomatici potranno affrontare le situazioni di crisi partendo da un linguaggio comune, basato sulla conoscenza ed il rispetto dei rispettivi ruoli.
–    La rete di Intelligence, che vede tra l’altro elementi del Col Moschin inseriti nel Fusion Center ISAF di RC-West ed in particolare nella cellula Fusion che ne costituisce il cuore pulsante.
–    La rete industriale, che consente di creare ed elaborare prodotti di alta tecnologia pienamente rispondenti alle necessità ed ai requisiti delle Forze Speciali, come nel caso del fucile Beretta ARX-160A-2, sviluppato in stretta collaborazione con gli Incursori, del sistema nazionale di Blue Force Tracking realizzato da Thales e che opera su satellite italiano in totale riservatezza, o dell’imbarcazione veloce (nella foto sotto) messa a punto dall’ingegner Fabio Buzzi su requisiti militari e detentrice del primato di velocità nella traversata tra New York e le isole Bermuda.

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Con la trasformazione degli scenari internazionali e l’evoluzione della minaccia le Forze Speciali dovranno quindi sapersi trasformare per mantenere intatta la loro efficacia. Alcuni principi rimarranno però immutati, come la superiorità dell’elemento umano su quello materiale e la supremazia della qualità sulla quantità, perché le Forze Speciali non sono un prodotto di massa, non possono essere create ed improvvisate al verificarsi di una crisi e molte Operazioni Speciali richiedono il concorso determinante delle unità convenzionali. Il comandante ha quindi concluso il proprio apprezzato intervento tratteggiando il ruolo e le caratteristiche che dovrà possedere il 9° Reggimento Col Moschin nei prossimi decenni: un sistema complesso, maturo ed efficace di formazione, addestramento, supporto ed impiego di Forze Speciali, perfettamente inserito nel network globale delle Forze Speciali ed in grado di generare, con prontezza e con il necessario supporto di comando, controllo ed intelligence, molteplici unità operative di FS, integrabili a livello multinazionale, interforze e single service . Tali unità dovranno essere organizzate in base al compito ed essere in grado di condurre operazioni speciali in ogni condizione, scenario ed ambiente operativo. In margine al convegno vogliamo ricordare, tra i molti interventi di saluto, quello particolarmente toccante ed appassionato dell’assessore alla cultura della Regione Veneto Elena Donazzan, che ha ricordato le origini del 9° Reggimento, scritte col sangue degli Arditi sulle montagne venete, ed ha concluso il proprio contributo con un augurio all’Italia che ha fatto vibrare l’animo dei presenti, Incursori o semplicemente Italiani.

Alberto ScarpittaVedi tutti gli articoli

Nato a Padova nel 1955, ex ufficiale dei Lagunari, collabora da molti anni a riviste specializzate nel settore militare, tra cui ANALISI DIFESA, di cui è assiduo collaboratore sin dalla nascita della pubblicazione, distinguendosi per l’estrema professionalità ed il rigore tecnico dei suoi lavori. Si occupa prevalentemente di equipaggiamenti, tecniche e tattiche dei reparti di fanteria ed è uno dei giornalisti italiani maggiormente esperti nel difficile settore delle Forze Speciali. Ha realizzato alcuni volumi a carattere militare ed è coautore di importanti pubblicazioni sulle Forze Speciali italiane ed internazionali.

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