L’F-35 non convince neppure Finmeccanica

(aggiornato alle ore 14,45)

Nonostante gli entusiasmi del ministro della Difesa per il cacciabombardiere “di pace”,  dei vertici militari che lo considerano indispensabile e di Segredifesa che favoleggia di migliaia di posti di lavoro assicurati, l’acquisizione del cacciabombardiere F-35 non convince  Finmeccanica. Lo si evince dalle dichiarazioni di ieri dell’amministratore delegato del gruppo, Alessandro Pansa, in audizione nella commissione Difesa della Camera. “Rispetto a temi come gli F35 noi siamo esecutori intelligenti di scelte altrui” ha detto l’ad precisando che ”non è con la fornitura di parti d’aerei di grandi dimensioni che Finmeccanica costruisce il suo futuro di operatore tecnologico d’avanguardia”. Tuttavia il fornitore intelligente di tecnologie e prodotti “deve eseguire programmi e processi che sono il frutto di scelte politiche e non industriali”.

Pur con un linguaggio consono al ruolo di vertice di un grande gruppo a controllo pubblico, Pansa non lascia molto spazio alle interpretazioni. Le sue parole sembrano fare riferimento ai bassi volumi di commesse e all’ancor più limitata redditività e ricaduta tecnologica garantita alle aziende italiane dal programma F-35, situazione già denunciata da alcuni osservatori inclusa Analisi Difesa.
Del resto le continue cancellazioni delle commesse statunitensi alle aziende di Finmeccanica (elicottero presidenziale, cargo C-27J e G-222 per le forze americane e afghane) non hanno certo contribuito a rendere più digeribile il Joint Strike Fighter.
“Il nostro compito è fare nel migliore dei modi in termini qualitativi e finanziari il mestiere di fornitori, anche di aerei militari di grande dimensione come gli F35, alle istituzioni” ha aggiunto Pansa ricordando che i settori di maggior coinvolgimento di Finmeccanica sono altri: elicotteri, addestratori, cargo tattici, aerei da trasporto civili. Quanto invece all’Eurofighter Typhoon l’amministratore delegato ha utilizzato ben altri toni sottolineando che “è un programma di grande rilevanza perché incorpora una dotazione di tecnologia europea e per una parte consistente italiana. Terminato il flusso di ordine giunto dai quattro paesi costruttori, il futuro di questa piattaforma è prevalentemente di esportazione e se dovrà avere un futuro ulteriore nei paesi costruttori dovrà averlo diversamente”.

Esplicito anche il riferimento di Pansa alla ventilata cessione agli stranieri di parte del comparto Difesa di Finmeccanica.  La cessione di quote rilevanti per l’attività della difesa rischia di “creare vincoli a processi riorganizzativi che non sempre potranno essere produttivi per l’intero sistema” ha detto ai deputati ella Quarta Commissione l’amministratore delegato che ha  sintetizzato il suo pensiero ricordando le parole di padron ‘Ntoni, del romanzo i Malavoglia: “chi vende non è più suo” .

L’aspetto più paradossale e a dir poco imbarazzante dell’intervento di Pansa in Commissione Difesa (il video dell’audizione)  è stata però l’incapacità di gran parte dei deputati presenti di porre quesiti o chiedere ulteriori approfondimenti all’ad di Finmeccamica.

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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