Sotto controllo gli arsenali chimici siriani. Verranno distrutti in Albania?
Tutto l’arsenale chimico dichiarato dal regime siriano è stato sigillato dagli ispettori dell’Organizzazione per la Proibizione di Armi Chimiche (Opac). Lo ha riferito la stessa organizzazione sottolineando che al momento le munizioni a carica chimica e gli stock di agenti chimici sono inutilizzabili perché i sigilli posti dagli ispettori “sono a prova di manomissione”. L’organizzazione internazionale ha reso noto di aver individuato “mille tonnellate di agenti chimici utilizzabili per preparare armi, e 290 tonnellate di armi chimiche”, ha spiegato il portavoce Christian Chartier, aggiungendo che “queste armi e questi agenti resteranno nei loro siti, non siamo ancora alla fase di rimozione”. I dati corrispondono alle stime degli esperti internazionali per quanto concerne la quantità di aggressivi chimici non “weaponizzati”, cioè non inseriti all’interno di bombe, granate e razzi per l’impiego bellico. Per quanto riguarda le munizioni a carica chimiche il quantitativo rinvenuto è sensibilmente inferiore alle 500 tonnellate stimate dagli esperti, rinnovando i timori che il regime di Bashar Assad possa aver occultato (o trasferito in Libano e Iraq, come sostengono i ribelli) parte degli arsenali di gas nervini prima dell’arrivo dei team dell’Opac.
Al 28 ottobre le ispezioni avevano riguardato 21 dei 23 siti dove sono custoditi gli armamenti chimici che il regime di Bashar al-Asad si è impegnato a eliminare. Altri due depositi non erano stati ispezionati per “ragioni di sicurezza” a causa delle ostilità in corso tra forze governative e ribelli ma negli ultimi giorni la situazione bellica in quei settori si è stabilizzata consentendo i sopralluoghi degli esperti internazionali. L’Opac aveva annunciato nei giorni scorsi che tutte le attrezzature per la produzione delle armi chimiche in Siria sono state distrutte con qualche giorno di anticipo rispetto alla scadenza del 1° novembre fissata nell’accordo tra Stati Uniti e Russia sulla distruzione delle armi chimiche. Secondo il comunicato “l’Opac è soddisfatta di aver verificato e distrutto tutto il materiale per la produzione, la miscelazione e gli impianti di riempimento di tutti i 23 siti” indicati da Damasco e ispezionati.Con il censimento e la messa in sicurezza degli arsenali siriani si apre la delicata fase del loro smantellamento che difficilmente o solo parzialmente potrà venire effettuato in territorio siriano. Il 25 ottobre il governo di Oslo ha respinto la richiesta degli Stati Uniti di trasferire in Norvegia parte dell’arsenale chimico siriano per provvedere alla sua distruzione. “Le ragioni del rifiuto – ha detto il ministro degli Esteri Borge Brende – sono le scadenze previste dalla risoluzione dell’Onu, la disponibilità di equipaggiamenti tecnici e altri limiti giuridici”.
Washington auspicava che la Norvegia accettasse di distruggere la metà delle armi chimiche siriane mentre trai Paesi tecnologicamente idonei ad accettare lo scomodo incarico vi sono Russia, Gran Bretagna, Germania, Francia e Stati Uniti. Sussistono comunque “ragioni per ritenere che il sito appropriato sarà trovato entro pochi giorni”, ha scritto il 2 novembre il quotidiano russo ‘Kommersant’ citando fonti diplomatiche riservate, ed è “probabile che si tratti dell’Albania”. Tirana starebbe trattando in proposito con Washington per lo smaltimento di almeno una parte degli armamenti non convenzionali del regime di Bashar al-Assad potrebbero finire nel Paese adriatico.- Gli ispettori dell’Opac, l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche che hanno provveduto alla loro individuazione, hanno escluso che possano essere eliminati direttamente in Siria, a causa delle ostilità in corso tra lealisti e ribelli. D’altra parte, Damasco ha accettato che siano trasferiti all’estero, ponendo come unica condizione che non vadano negli Stati Uniti. Secondo il giornale moscovita, è improbabile che Tirana rifiuti un’eventuale proposta americana: a prescindere, nota sempre ‘Kommersant’, dalla “arretratezza delle sue infrastrutture” e dalla “scarsa efficienza” delle sue autorità. “A differenza dei Paesi dell’Unione Europea”, ha dichiarato al quotidiano Andrei Baklitsky, esperto del Pir Center di Mosca, “l’Albania può disporre di maggiori incentivi, anche materiali, per ammettere agenti tossici sul proprio territorio”. Ha inoltre un ‘curriculum’ in materia decisamente favorevole: nel 2007, ha ricordato Baklitsky, con l’assistenza di Germania, Svizzera e degli stessi Usa, è diventata infatti “il primo Paese nella storia a completare pienamente il processo di disarmo chimico”, distruggendo circa 16 tonnellate di gas mostarda e di altre sostanze tossiche, ereditate dall’epoca della dittatura comunista di Enver Hoxha.
Oltre alle armi di distruzione di massa anche gli arsenali convenzionali di Damasco continuano a preoccupare come nel caso dei missili da crociera antinave Yakhont che la Russia ha consegnato in circa 80 esemplari alle forze siriane. Secondo quanto riferito dalla tv libanese al-Manar (organo del movimento filosiriano Hezbollah), il 31 ottobre con un bombardamento navale gli israeliani hanno attaccato nei pressi di Latakya una batterie di missili Yakhont distruggendo tre missili a bordo di un camion militare. Le forze israeliane hanno già effettuato almeno ina mezza dozzina di raids contro sistemi d’arma sofisticati che Mosca ha fornito a Damasco e contro convogli di armi dirette a Hezbollah che ha inviato almeno 5 mila suoi miliziani a combattere in Siria al fianco dei lealisti. Secondo fonti citate dal Sunday Times nel luglio scorso una cinquantina di missili Yakhont, capaci di colpire navi fino a 300 chilometri dalle coste siriane, erano stati distrutti in un deposito colpito da missili Harpoon lanciati da uno dei 5 sottomarini israeliani tipo Dolphin.
RedazioneVedi tutti gli articoli
La redazione di Analisi Difesa cura la selezione di notizie provenienti da agenzie, media e uffici stampa.