Mosca passa all'incasso col gas siriano
Dopo aver scongiurato i raids aerei e missilistici franco-americani sui Damasco, rifornito di armi l’esercito di Bashar Assad e sostenuto il suo regime al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la Russia passa all’incasso in Siria aggiudicandosi i diritti di sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio off-shore. Damasco ha firmato mercoledì un accordo che concede alla società russa Soyuzneftegaz (già attiva nello sfruttamento del greggio nel sud dell’Iraq) l’esclusiva per 25 anni dello sfruttamento del primo giacimento off-shore di gas e petrolio siriano. L’intesa è stata siglata dal ministro del Petrolio siriano, Suleiman Abbas, dalla società statale siriana General Petroleum e dalla compagnia russa. L’area assegnata a Soyuzneftegaz. Comprende di 2.190 chilometri quadrati al largo delle coste siriane di fronte ai porti di Banias e Tartus, dove si estenderebbero le propaggini settentrionali dei giganteschi giacimenti rilevati lungo tutta la costa di Israele e Libano. La società russa, fondata nel 2000 e guidata dall’ex ministro dell’energia Yury Shafranik, si farà carico dei costi di esplorazione, stimati in circa 90 milioni di dollari e, se i giacimenti verranno confermati, dei successivi investimenti per le infrastrutture necessarie all’estrazione di gas e petrolio.
Il valore politico dell’accordo tra Mosca e Damasco non è sfuggito ai ribelli della Coalizione Nazionale Siriana che ha bocciato l’accordo con un comunicato in cui si denuncia “lo scambio tra le ricchezze del Paese e le armi russe che uccidono il popolo siriano”. In prospettiva lo sfruttamento dei nuovi giacimenti siriani off-shore potrebbe garantire un forte supporto alla ricostruzione post bellica del Paese sia in termini di disponibilità energetica sia finanziaria grazie all’export di gas e petrolio. Colpita duramente dalla sanzioni internazionali e dal conflitto civile, la produzione di gas scesa a 16,7 milioni di metri cubi al giorno dai 30 milioni del marzo 2011mentre l’estrazione di greggio è crollata del 95 per cento, da 380 mila barili al giorno ad appena 20mila, dall’inizio del conflitto che in quasi tre anni ha provocato secondo le stime 126 mila morti. Nonostante le riserve stimate nel Paese raggiungano i 2,4 miliardi di barili la gran parte dei pozzi petroliferi si trova nelle regioni orientali e settentrionali sotto il controllo dei ribelli costringendo Damasco a importare petrolio per le esigenze interne incluse quelle militari. Nonostante le sanzioni internazionali tra febbraio e ottobre sarebbero entrati in Siria 17 milioni di barili di petrolio iracheno trasportato da petroliere iraniane con contratti gestiti da società di comodo egiziane e libanesi. Un triangolazione emersa da un’inchiesta giornalistica della Reuters che cita documenti di carico e i pagamenti che coinvolgono “l’asse sciita” Iran-Iraq-Siria. Le forniture di greggio sono arrivate in Siria per metà direttamente dall’Iran e il resto attraverso il porto egiziano di Sidi Kerir.
Protagoniste dell’operazione sono la società petrolifera di Stato di Damasco Sytrol e l’iraniana National Iranian Tanker Co. (NITC), entrambe sottoposte a sanzioni da Stati Uniti e Unione Europea. Le petroliere Camellia, Daisy, Lantana e Clove dell’iraniana Nitc sono state ribattezzate e battono bandiera della Tanzania e secondo i documenti di traffico hanno portato petrolio iracheno dal porto egiziano di Sidi Kerir alla Siria. Una società di transito libanese, la Overseas Petroleum Trading di Beirut, ha spedito almeno due carichi di greggio alla raffineria della siriana Sytrol di Banias per 250 milioni di dollari tra marzo e maggio ed è stata coinvolta in una terza spedizione attraverso la società egiziana Tri-Ocean Energy. Tutte le società coinvolte nell’inchiesta hanno negato ogni addebito.
Mappa U.S. Geological Survey
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.