Pechino imporrà il controllo aereo anche sul Mar Cinese Meridionale?

dal nostro corrispondente a Pechino, Andrea Ghiselli

A novembre scorso, quando Pechino ha istituito la sua prima zona di identificazione per la difesa  aerea (ADIZ) nel Mare Cinese Orientale coprendo  le isole contese fra Cina e Giappone, le Diaoyu per Pechino o le Senkaku per il governo di Tokyo, erano comparsi i primi timori che presto un atto simile sarebbe stato compiuto nel Mare Cinese Meridionale. In quel mare Pechino è infatti coinvolta in varie dispute con Filippine, Vietnam, Malesia, Brunei e Indonesia, membri dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN). In un recente articolo del quotidiano giapponese Asahi Shimbun,  in cui vengono citate fonti del governo cinese, è stata nuovamente ventilata l’ipotesi che tale iniziativa sia imminente e che piani al riguardo siano al vaglio dei vertici militari cinesi fin da maggio. All’articolo hanno fatto presto eco commenti critici da parte americana e filippina. Anche se per ora Pechino smentisce
tutto attraverso portavoce del Ministero degli Esteri Hong Lei, sono vari gli indizi che fanno pensare che la ADIZ del Mare Cinese Orientale possa essere solo una parte di un progetto ben più ampio.

Già a maggio le autorità cinesi avevano dichiarato unilateralmente un divieto di pesca della durata di due mesi e mezzo nelle acque reclamate come proprie sulla scia di una notevole espansione  della flotta in dotazione all’autorità per il controllo costiero. Sebbene non sia parte delle forze armate, l’autorità per il controllo marittimo cinese (con compiti di Guardia Costiera) può contare su navi per dimensioni ed equipaggiamenti paragonabili, se non superiori, a quelle delle unità delle marine militari degli altri Paesi coinvolti nelle dispute marittime. Ad esempio è stato annunciato l’inizio della costruzione di altri grandi pattugliatori della classe Haijian 50  da 4 mila tonnellate di stazza. Dal punto di vista propriamente militare sono due i recenti sviluppi cui si deve prestare attenzione e che sembrano i chiari preparativi per rafforzare ed estendere il controllo cinese dalle acque allo spazio aereo del Mare Cinese Meridionale. Il primo è la prossima acquisizione dei jet da combattimento russi SU-35 che, grazie alla loro ampia autonomia di volo e grande velocità, possono fornire un veloce supporto aereo decollando dalle basi della Cina meridionale. Il secondo è la prima esercitazione dell’embrionale gruppo da battaglia della portaerei Liaoning nel Mare Cinese Meridionale conclusasi a inizio gennaio.

Questi elementi sono probabilmente quelli a cui i portavoce del Ministero della Difesa e del Ministero degli Esteri cinesi, rispondendo ad una serie di domande preparate dalla stampa cinese a fine novembre scorso, hanno accennato dichiarando che “una volta completati i necessari preparativi, si procederà alla creazione di una zona di identificazione per la difesa aerea anche nel Mare Cinese Meridionale”.  A inizio anno Wu Shicun, direttore dell’Istituto per il Mare Cinese Meridionale, ha ripreso l’argomento all’interno di un articolo riportato dal giornale cinese Global Times. Wu invitava a fare le dovute distinzioni fra la situazione del Mare Cinese Orientale e quella del Mare Cinese Meridionale. In quest’ultimo la Cina è coinvolta in dispute con un numero maggiore di paesi e l’area da sorvegliare è molto più estesa. Oltre a ciò, che le forze armate cinesi siano effettivamente capaci o meno di controllare tale area è una questione ben diversa dall’essere sicuri che la creazione di una ADIZ sia nell’interesse della Cina.

Nel 2012 il volume degli scambi commerciali fra la Cina e ASEAN ha raggiunto i 400 miliardi di dollari e da poco è stato deciso di portarlo a 500 miliardi entro il 2015. Se quindi, come dichiarato a ottobre dal premier cinese Li Keqiang durante il 16° Summit Cina-ASEAN, si vogliono gettare le basi per una “decade dorata” per le proficue relazioni fra Cina e paesi del Sud-est asiatico, allora Pechino deve agire con cautela. Inoltre, ogni gesto che possa apparire minaccioso rischierebbe di rendere ancora più credibile la tesi della minaccia cinese sostenuta da Giappone, USA e Corea del Sud. Nel suo articolo Wu conclude mettendo in chiaro che comunque Pechino debba pensare prima ai propri interessi di sicurezza e che, se la proclamazione della ADIZ in quella zona venisse ritenuta necessaria, allora le reazioni degli altri Paesi sarebbero da considerare di secondaria importanza.

Altri esperti cinesi interpellati dal South China Morning Post concordano nel dire che nel periodo in cui si istituì la ADIZ del Mare Cinese Orientale le tensioni fra Pechino e Tokyo erano a livelli senza precedenti e che, invece, nel Mare Cinese Meridionale le prospettive sono nettamente migliori. E’ comunque importante notare come in tutte le dichiarazioni cinesi sia ricordato che non sarà tollerata l’interferenza da parte di stati non coinvolti direttamente nelle dispute territoriali: un chiaro avvertimento a Giappone, Stati Uniti e Paesi dell’ ASEAN di come la situazione potrebbe evolversi in caso di minacce o interferenze. E’ probabile che un ulteriore passo verso l’affermazione del proprio predominio a livello regionale possa portare a due scenari diametralmente opposti. Il concretizzarsi di un blocco politico e militare chiaramente ostile alla Cina fondato sulla rete di alleanze e sugli aiuti economici e militari fra Stati Uniti, India, Giappone e i Paesi in disputa con Pechino. In questo caso potrebbero aggiungersi anche Sud Corea a Australia, due potenze regionali che per motivi diversi hanno mantenuto finora un atteggiamento ambivalente nei confronti di Pechino.

Oppure potrebbe configurarsi un secondo scenario in cui i Paesi dell’ASEAN accettano in qualche modo il controllo cinese sull’intero Mar Cinese Meridionale. Pechino guadagnerebbe così nei mari circostanti un’influenza senza precedenti dimostrando l’inefficacia della politica di contenimento/coinvolgimento praticata finora dagli Stati Uniti in Asia. Dal punto di vista cinese mentre quest’ultimo caso sarebbe il risultato ideale, il primo sarebbe una vera e propria catastrofe. Di fronte ad eventualità così diverse la politica del rischio calcolato, seguita finora dalla principale potenzia asiatica, affronta una sfida rilevante. La complessità e il numero di elementi in gioco è tale da rendere ovviamente molto difficile prevedere se e quando l’iniziativa cinese di imporre il controllo areo sugli arcipelaghi contesi nel Mar Cinese Meridionale si concretizzerà ma qualche indizio potrebbe emergere osservando come Pechino sarà capace di gestire la ADIZ già presente nel Mare Cinese Orientale.

Foto: Chinese Military review, Xinhua e  RIA Novosti.

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