Talebani sempre più audaci: si complica la transizione afghana

I talebani non sono mai riusciti ad abbattere nemmeno uno dei cacciabombardieri alleati che costituiscono la minaccia più devastante per gli insorti afghani  ma con un blitz suicida un commando di miliziani è riuscito a penetrare nella base di Camp Bastion distruggendo al suolo sei cacciabombardieri dei marines statunitensi. L’assalto non ha precedenti anche se il mese scorso due razzi avevano colpito la pista della base statunitense di Bagram, a nord di Kabul, cadendo vicino all’aereo che aveva portato in Afghanistan il comandante delle forze armate americane, generale Martin E. Dempsey. Gli ordigni danneggiarono l’aereo (mail generale non si trovava a bordo in quel momento) e un elicottero. Con un’azione ancora più sorprendente, in  gennaio un dipendente afghano della base di Camp Bastion, la più granmde del sud afghano, era riuscito a far esplodere un camion sulla pista dell’aeroporto dove stava per atterrare l’aereo del Segretario alla Difesa americano Leon Panetta. Anche l’assalto del 14 settembre alla base che ospita 20 mila militari anglo-americani tra i quali anche il principe Harry è stato pianificato con cura. A quanto sembra gli insorti erano 20, tutti con addosso uniformi da combattimento statunitensi, penetrati nella base grazie a un kamikaze fattosi esplodere per aprire un buco nella recinzione del perimetro, coma ha reso noto un comunicato del comando alleato Come hanno fatto i talebani ad avvicinarsi al perimetro della base senza essere scoperti? Il sospetto è che avessero complici dentro Camp Bastion e tra le forze militari o di polizia  afghane. Del resto è incredibile che dopo l’esplosione i talebani siano riusciti a sfuggire alle guardie e a dirigersi verso Camp Leatherneck, il compound dei marines statunitensi. Si trattava di combattenti ”ben equipaggiati, addestrati e preparati” che hanno puntato con decisione verso gli hangar che ospitano aerei ed elicotteri, i mezzi più potenti e costosi a disposizione delle forze alleate e anche i più letali. “Dotati di armi automatiche lanciatori di razzi Rpg e giubbotti imbottiti di esplosivo, gli insorti hanno attaccato velivoli parcheggiati sulla linea di volo, hangar ed altri edifici”. Il bilancio dell’operazione suicida è stato di ”sei aerei AV-8B Harrier distrutti e due gravemente danneggiati, tre stazioni di rifornimento  distrutte e sei hangar di struttura leggera danneggiati in varia misura”. Tutti i talebani sono morti tranne uno che è stato ferito e catturato mentre due soldati statunitensi sono morti e nove altre persone (otto militari ed un civile) sono rimasti feriti non gravemente. Un portavoce talebano ha rivendicato l’attacco affermando che i miliziani volevano colpire il principe Harry e vendicare le offese a Maometto presenti nel video del fil “L’innocenza dei musulmani” ma è evidente che un attacco del genere è stato messo a punto molto tempo fa. Le modalità dell’incursione evidenziano che gli insorti sapevano benissimo dove colpire, conoscevano la base e avevano avuto modo di procurarsi uniformi americane probabilmente sottratte all’interno di qualche installazione militare alleata. L’attacco conferma inoltre l’escalation, per audacia ed efficacia, delle azioni talebane in concomitanza con l’accelerazione del ritiro delle forze alleate. Nei giorni scorsi Londra ha fatto sapere che proprio da Camp Bastion e dalla provincia di Helmand verranno ritirati già nel 2013, con un anno di anticipo, molti de 9.500 militari britannici schierati in Afghanistan che negli ultimi sei mesi hanno chiuso o ceduto alle truppe di Kabul 52 delle 86 basi e postazioni presidiate. Confermato anche il ritiro anticipato ad aprile 2013 del piccolo contingente neozelandese: 145 militari schierati nella provincia di Bamyan. L’assunzione di maggiori responsabilità da parte delle forze nelle basi alleate (dall’inizio dell’anno 51 militari alleati sono stati uccisi in 37 attacchi condotti da afghani in uniforme) a conferma che le truppe di Kabul hanno una dubbia efficacia quando non sono proprio loro a fornire informazioni e appoggi alle milizie talebane.  I crescenti casi di “green on blue” hanno indotto a inizio settembre il comando statunitense in Afghanistan a sospendere l’addestramento di un migliaio di paramilitari della Afghan Local Police, in attesa di una nuova verifica delle loro identità, per evitare infiltrazioni da parte dei talebani. La misura riguarda solo le nuove reclute della polizia locale afgana (ALP), corpo voluto e creata l’anno scorso dagli statunitensi per contrastare i talebani nelle zone rurali. La costituzione dell’Afghan Local Police, sostenuta dal generale David Petraeus che la considerava la versione afghana dei “Comitati del risveglio” che nelle province sunnite irachene combatterono al-Qaeda, venne osteggiata dal presidente afghano Hamid Karzai che temeva venissero nuovamente armate le milizie dei signori della guerra o doppiogiochisti vicini ai talebani. Il compromesso raggiunto vede l’ALP selezionata e addestrata dagli americani ma retribuita (con i dollari di Washington) dal ministero degli interni afghani come ogni altro corpo di polizia. I casi di “green on blue” riguardano tutti i corpi di esercito e polizia e non solo l’ALP. Il reclutamento degli uomini di queste unità rurali è ancora meno trasparente di quello degli altri corpi, spesso basato sulla segnalazione di capi villaggio e anziani dei consigli tribali spesso di ex ribelli e criminali. Alle milizie dell’ALP sono attribuite molte recenti violenze sui civili incluso il massacro di 15 persone nella provincia settentrionale di Kunduz. Un responsabile della sicurezza ha confermato sotto anonimato al quotidiano online afghano Khaama Press che la strage è avvenuta nel villaggio di Nom e che ”almeno 15 persone sono state uccise dai membri della polizia locale” probabilmente, come suggerisce un’altra fonte, per vendicare l’uccisione di un ufficiale dell’ALP. Un molti casi le milizie rurali rappresentano una valida difesa contro i talebani, specie in aree remote dove né le truppe alleate né quelle afghane possono proteggere a tempo pieno i villaggi. L’aumento dei casi di abusi e omicidi rischia però di compromettere la credibilità dell’ALP lasciando la popolazione nelle mani di criminali “legittimati” da Kabul e dai comandi alleati anche se gli americani cominciano a diffidare della loro creatura. “Le operazioni in corso fatte in partnership proseguiranno ma sospendiamo temporaneamente l’addestramento di mille nuove reclute dell’Alp”, ha sottolineato il colonnello Thomas Collins. Per ragioni di sicurezza verranno controllati nuovamente i profili delle reclute ma, nel dubbio, anche quelli degli uomini già in servizio. Benché l’aumento dei casi di “green on blue” sia quest’anno già del 40 per cento rispetto al 2011, è stato a lungo  minimizzato nella sua portata dal comando Nato che ha più volte precisato che queste azioni non modificavano la missione di ISAF. Affermazioni smentite oggi dallo stesso comando Nato che ha annunciato la sospensione di tutte le operazioni congiunte con le truppe afghane al di sotto degli 800 militati. In pratica quasi tutte se si considera che la gran parte delle operazioni in Afghanistan sono a livello plotone e compagnia, cioè compresa tra i 30 e i 150 militari alleati.  La limitazione, ha precisato il colonnello Tom Collins, portavoce delle forze Nato in Afghanistan, è una risposta “temporanea e prudente” all’attuale minaccia, che tuttavia segna una battuta d’arresto nella strategia della coalizione di sostegno e formazione delle forze armate afghane, in vista del preannunciato ritiro delle truppe straniere alla fine del 2014.Stando ai nuovi ordini diffusi dall’Isaf, la maggior parte dei pattugliamenti congiunti e delle attività di consulenza con i soldati afghani saranno condotti a livello di battaglione, mentre la cooperazione con le unità più piccole dovrà essere “valutata casa per caso” e approvata dai Comandi Regionali.

Redazione

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