News da Pechino

dal nostro corrispondente a Pechino, Andrea Ghiselli

Sottomarini d’attacco cinesi: sono mai usciti in pattuglia?
Secondo il comandante Jesse Karotkin del Naval Intelligence statunitense, i sottomarini d’attacco cinesi Type 94 cominceranno le prime missioni di pattuglia solo nel 2014. Anche se li primo sottomarino della classe Jin è stato varato nel 2004, si pensa che l’attesa sia dovuta alla necessità di completare lo sviluppo dei missili balistici JL-2  (nella foto) capaci di colpire bersagli distanti 14.000 km con testate nucleari che consentirebbero alla Cina di colpire obiettivi sul territorio statunitense. Cai Weidong, ricercatore del Centro Ricerche Navali della People’s Liberation Army Navy (PLAN), in un’intervista per i media cinesi ha smentito le valutazioni statunitensi precisando che in virtù del compito assegnato ai sottomarini nucleari, cioè garantire alla Cina la capacità di sferrare un contrattacco nucleare nel caso che un testate atomiche nemiche colpiscano il Paese, è necessario che gli equipaggi conoscano alla perfezione il battello e le acque in cui devono operare. Per questo motivo, ha aggiunto Dong, è molto probabile che le prime pattuglie siano già cominciate nel Mar Cinese Meridionale. In vista dello sviluppo dei battelli (Type 95) la Marina cinese prevede di mettere in servizio 8 unità Type 94 di cui 3 attualmente in servizio.

Esercitazioni navali
La prima esercitazione navale cinese del 2014 ha visto due cacciatorpediniere e una delle più moderne navi da sbarco pattugliare le acque del Mare Cinese Meridionale e passare attraverso alcuni stretti fino ad ora poco frequentati dalle navi militari cinesi ma strategici per il commercio marittimo. Durante la navigazione sono state svolte esercitazioni con munizioni reali nel tentativo di simulare azioni di combattimento.

Secondo il Generale Yin Zhuo, si tratta di un’esperienza importante per imparare bene come manovrare in acque molto frequentate e prendere confidenza con le regole del traffico in quei punti nevralgici delle vie marittime. Secondo il generale queste attività addestrative riflettono le nuove capacità industriali al servizio della marina e anche la volontà della Cina di andare oltre alla semplice tutela degli interessi nazionali e quindi a partecipare alla protezione delle rotte commerciali internazionali fino al Golfo di Aden e  nei pressi del Corno d’Africa. Come hanno notato in maniera preoccupata sia i media indonesiani che quelli australiani, questa è stata la prima volta che navi da guerra cinesi si spingono così a Sud. Sempre in tema di manovre navali, il 21 Febbraio le navi Kunlunshan, Jinggangshan e Changbaishan hanno effettuato per la prima volta un’esercitazione congiunta insieme ad altre navi militari cinesi simulando la difesa contro attacchi dal cielo. Si tratta di tre delle più moderne navi da sbarco militari cinesi con una capacità di trasporto di 500-800 soldati più 15-20 mezzi da sbarco corazzati. L’armamento di queste navi consente  loro di fornire un considerevole supporto alle forze da sbarco contro obiettivi sulla costa.

Marines giapponesi
Il 2 Febbraio il governo giapponese ha confermato di voler costituire una forza da sbarco all’interno delle Forze di Autodifesa Giapponesi per promuovere un “pacifismo attivo” e dare un maggior contributo alla pace nel mondo. Già nel Libro bianco della difesa giapponese erano presenti i primi accenni a tale progetto però con l’obiettivo più immediato di difendere le isole giapponesi contro possibili invasori. Probabilmente, i 2/3.000 militari selezionati per questo corpo saranno dotati di mezzi anfibi AAV-7 e velivoli Osprey statunitensi (nella foto sotto). Secondo i media cinesi, questa formazione andrà a sostituire un battaglione di circa 660 uomini costituito nel 2002 per le operazioni anfibie. Dal 2005 piccoli gruppi di soldati provenienti da questa unità sono stati mandati ad esercitarsi insieme ai Marines americani per impararne le tecniche e migliorare l’integrazione fra le forze dei due paesi anche in questo frangente.

Considerati i mezzi e gli armamenti messi a disposizione, il corpo di “marines” sarà il primo delle forze armate giapponesi a poter raggiungere velocemente e difendere alcune delle isole più lontane dalla costa giapponese. Il potenziamento delle capacità navali e anfibie nipponiche, secondo i media di Pechino, avrà sicuramente un impatto destabilizzante sui già precari equilibri strategici della regione. Citando alcune recenti dichiarazioni dei comandanti delle forze del Pacifico americane, i media cinesi sottolineano come anche gli USA non apprezzino questi sviluppi nella politica di difesa giapponese e “avrebbero invitato Tokyo a rallentare la trasformazione delle proprie forze armate”. Affermazione paradossale se si tiene conto non solo del sostegno di Washington al riarmo giapponese ma anche del fatto che quasi tutti i nuovi equipaggiamenti ordinati da Tokyo (sistemi antimissile Aegis, cacciabombardieri F-35, velivoli Osprey, veicoli anfibi …..) sono “made in USA”.

Tokyo punta all’atomica?
Nonostante il disastro di Fukushima, secondo alcuni esperti cinesi il Giappone possiede materiale utilizzabile per armi nucleari in quantità tale che potrebbe bastare per i prossimi 100 anni. Hua Chunying, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, rispondendo a domande di giornalisti durante una conferenza stampa, ha dichiarato che il Giappone deve dire chiaramente quanto e che tipo di materiale nucleare e altre sostanze pericolose potenzialmente utilizzabili a scopi bellici possiede. Anche se il governo giapponese ha promesso di voler continuare a mantenere gli accordi internazionali contro la proliferazione degli armamenti atomici e di usare materiale radioattivo solo per produrre energia e fare ricerca scientifica, il governo cinese teme che con i cambiamenti in atto nella politica di difesa del Giappone anche queste promesse possano essere infrante. Secondo la Cina, la comunità internazionale dovrebbe prestare più attenzione non solo ai danni causati all’ambiente da Fukushima, ma anche che il pericoloso “ritorno del militarismo” in Giappone non sia un pretesto per lo sviluppo di un qualsiasi tipo di arenale nucleare giapponese.

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